Non è possibile soddisfare in via diretta l’obbligo del mantenimento
L’attribuzione dell’alloggio può però ridurre il mensile per il partner
L’assegnazione della casa familiare a uno o all’altro genitore, quando finisce l’unione tra marito e moglie o tra partner non sposati, incide sensibilmente sugli equilibri economici degli ex. Ma non per questo vale a soddisfare in via diretta l’obbligo di pagare un contributo al mantenimento dei figli, che grava sul genitore costretto – a prescindere dall’eventuale titolo di proprietà o di comproprietà sull’immobile (Cassazione, 1642/2022) – a reperire un’altra sistemazione, sobbarcandosene i costi. La circostanza dell’assegnazione della casa coniugale può però incidere sull’attribuzione e sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento all’ex che l’ha ottenuta. Del resto, come prevede l’articolo 337-sexies del Codice civile, la bussola che guida i giudici nel decidere sull’utilizzo della casa familiare dopo la separazione è il preminente interesse dei figli a restare nell’habitat dove vivevano in modo stabile e continuativo con i genitori, sposati o conviventi (Corte d’appello di Palermo, 535/2022). Ecco perché il godimento dell’abitazione familiare spetta al genitore presso il quale è fissata la residenza dei figli, così da preservarli da pregiudizievoli sconvolgimenti di ambiente e abitudini.
La funzione
L’assegnazione della casa familiare non è una sorta di concessione che uno dei genitori riserva ai figli ma realizza la precisa finalità della legge di proteggerli da traumi ulteriori che si aggiungerebbero a quelli già sofferti a seguito della crisi della relazione fra madre e padre. L’attribuzione della casa familiare al genitore collocatario dei figli non può quindi influire sull’obbligo dell’altro genitore di contribuire al mantenimento dei figli (Cassazione, ordinanza 1642/2022).
Dell’assegnazione della casa, invece, si deve tenere conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori. Così, l’attribuzione può incidere sull’assegno di mantenimento all’ex (Cassazione, 20858/2021). Non è invece possibile concedere la casa in godimento al genitore non collocatario dei figli solo perché l’altro non l’abbia chiesta e si voglia così ridurre il divario creatosi tra le parti per il mancato riconoscimento dell’assegno di divorzio. Infatti, non si può consentire l’assegnazione indipendentemente dalla collocazione dei figli (Cassazione, 40903/2021).
Con riguardo all’interesse dei figli, in caso di affidamento condiviso a domicilio paritetico e alternato, è possibile che a ogni genitore venga assegnata in via esclusiva una porzione di immobile purché frazionato in unità separate con ingressi distinti (Tribunale di Marsala, 7 ottobre 2021). E, se la famiglia viveva in affitto, l’assegnatario subentrerà automaticamente nel contratto di locazione assumendosene il complesso dei diritti e doveri (Tribunale di Nola, 196/2022).
I limiti
Visto lo scopo di salvaguardare i figli cui è orientato il provvedimento di attribuzione della casa, il presupposto indispensabile perché il genitore beneficiario possa continuare a fruirne è la coabitazione con i figli minorenni, maggiorenni disabili, affetti da handicap o non ancora in grado di sostentarsi da soli. Ma cosa si intende esattamente per coabitazione? Chiarirlo è importante perché non è raro che, diventati adulti, i figli decidano di cambiare città o nazione. In questi casi, il giudice deve accertare se il nuovo percorso di vita dei figli abbia spezzato il rapporto con il nido familiare. Un’indagine ad ampio raggio che deve tenere conto di più fattori, quali l’abitualità e la durata degli spostamenti o la frequenza dei ritorni. La persistenza del legame domestico va valutata anche per i bimbi tenuti a lungo lontani da casa (Cassazione 27907/2021) perché il genitore affidatario si è trasferito portandoli con sé.
Si rischia la revoca dell’assegnazione della casa familiare se risulta definitivamente reciso il nesso tra l’usuale contesto abitativo e l’attuale assetto esistenziale dei figli. Ad esempio, l’attribuzione è stata revocata a una madre perché i figli si sono sradicati dal luogo in cui si articolava la famiglia. Soluzione irreversibile, sottolineano i giudici, indipendentemente da possibili riunioni con quel genitore (Cassazione, 10453/2022).
La revoca della casa può influire sulla misura dell’assegno all’ex. Così, i giudici, venuta meno l’attribuzione della casa alla moglie dopo che i figli sono diventati autonomi, hanno accolto l’istanza di adeguamento dell’assegno mensile a carico del marito, vista la necessità della moglie di accollarsi un canone di locazione (Cassazione, 26488/2021).
Non è possibile soddisfare in via diretta l’obbligo del mantenimento
L’attribuzione dell’alloggio può però ridurre il mensile per il partner
L’assegnazione della casa familiare a uno o all’altro genitore, quando finisce l’unione tra marito e moglie o tra partner non sposati, incide sensibilmente sugli equilibri economici degli ex. Ma non per questo vale a soddisfare in via diretta l’obbligo di pagare un contributo al mantenimento dei figli, che grava sul genitore costretto – a prescindere dall’eventuale titolo di proprietà o di comproprietà sull’immobile (Cassazione, 1642/2022) – a reperire un’altra sistemazione, sobbarcandosene i costi. La circostanza dell’assegnazione della casa coniugale può però incidere sull’attribuzione e sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento all’ex che l’ha ottenuta. Del resto, come prevede l’articolo 337-sexies del Codice civile, la bussola che guida i giudici nel decidere sull’utilizzo della casa familiare dopo la separazione è il preminente interesse dei figli a restare nell’habitat dove vivevano in modo stabile e continuativo con i genitori, sposati o conviventi (Corte d’appello di Palermo, 535/2022). Ecco perché il godimento dell’abitazione familiare spetta al genitore presso il quale è fissata la residenza dei figli, così da preservarli da pregiudizievoli sconvolgimenti di ambiente e abitudini.
La funzione
L’assegnazione della casa familiare non è una sorta di concessione che uno dei genitori riserva ai figli ma realizza la precisa finalità della legge di proteggerli da traumi ulteriori che si aggiungerebbero a quelli già sofferti a seguito della crisi della relazione fra madre e padre. L’attribuzione della casa familiare al genitore collocatario dei figli non può quindi influire sull’obbligo dell’altro genitore di contribuire al mantenimento dei figli (Cassazione, ordinanza 1642/2022).
Dell’assegnazione della casa, invece, si deve tenere conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori. Così, l’attribuzione può incidere sull’assegno di mantenimento all’ex (Cassazione, 20858/2021). Non è invece possibile concedere la casa in godimento al genitore non collocatario dei figli solo perché l’altro non l’abbia chiesta e si voglia così ridurre il divario creatosi tra le parti per il mancato riconoscimento dell’assegno di divorzio. Infatti, non si può consentire l’assegnazione indipendentemente dalla collocazione dei figli (Cassazione, 40903/2021).
Con riguardo all’interesse dei figli, in caso di affidamento condiviso a domicilio paritetico e alternato, è possibile che a ogni genitore venga assegnata in via esclusiva una porzione di immobile purché frazionato in unità separate con ingressi distinti (Tribunale di Marsala, 7 ottobre 2021). E, se la famiglia viveva in affitto, l’assegnatario subentrerà automaticamente nel contratto di locazione assumendosene il complesso dei diritti e doveri (Tribunale di Nola, 196/2022).
I limiti
Visto lo scopo di salvaguardare i figli cui è orientato il provvedimento di attribuzione della casa, il presupposto indispensabile perché il genitore beneficiario possa continuare a fruirne è la coabitazione con i figli minorenni, maggiorenni disabili, affetti da handicap o non ancora in grado di sostentarsi da soli. Ma cosa si intende esattamente per coabitazione? Chiarirlo è importante perché non è raro che, diventati adulti, i figli decidano di cambiare città o nazione. In questi casi, il giudice deve accertare se il nuovo percorso di vita dei figli abbia spezzato il rapporto con il nido familiare. Un’indagine ad ampio raggio che deve tenere conto di più fattori, quali l’abitualità e la durata degli spostamenti o la frequenza dei ritorni. La persistenza del legame domestico va valutata anche per i bimbi tenuti a lungo lontani da casa (Cassazione 27907/2021) perché il genitore affidatario si è trasferito portandoli con sé.
Si rischia la revoca dell’assegnazione della casa familiare se risulta definitivamente reciso il nesso tra l’usuale contesto abitativo e l’attuale assetto esistenziale dei figli. Ad esempio, l’attribuzione è stata revocata a una madre perché i figli si sono sradicati dal luogo in cui si articolava la famiglia. Soluzione irreversibile, sottolineano i giudici, indipendentemente da possibili riunioni con quel genitore (Cassazione, 10453/2022).
La revoca della casa può influire sulla misura dell’assegno all’ex. Così, i giudici, venuta meno l’attribuzione della casa alla moglie dopo che i figli sono diventati autonomi, hanno accolto l’istanza di adeguamento dell’assegno mensile a carico del marito, vista la necessità della moglie di accollarsi un canone di locazione (Cassazione, 26488/2021).