Nella quantificazione dell’assegno divorzile, non basta considerare solo il tenore che aveva caratterizzato la vita matrimoniale degli ex coniugi: il giudice deve effettuare una valutazione concreta sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, alla luce del più recente orientamento giurisprudenziale.
Tra i parametri da considerare, vi sono l’adeguatezza dei mezzi di sostentamento del coniuge richiedente e la sua eventuale incapacità di procurarseli per ragioni oggettive.
Questo è quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, nell’ordinanza 13 ottobre 2021, n. 27906.
Il caso processuale
In occasione della pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il giudice adito aveva disposto che l’ex marito versasse all’ex moglie un assegno divorzile di Euro 2.500 mensili, provvedimento poi confermato anche dalla Corte territoriale.
Avverso tale statuizione, l’uomo ha proposto ricorso per cassazione, richiamando il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, per il riconoscimento dell'assegno divorzile, si deve tener conto non solo del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma anche di altri parametri, quali l'autosufficienza economica del richiedente, la disponibilità di una casa, l'idoneità a svolgere un'attività lavorativa, l'esonero dal versare contributi straordinari per il mantenimento dei figli.
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La decisione
La Cassazione non ha condiviso la decisione della Corte di merito, la quale, nello stabilire la misura l'assegno di divorzio, ha considerato le complessive condizioni patrimoniali delle parti ed il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, senza tener conto del più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. U., 18287/2018), secondo il quale, la quantificazione dell'assegno divorzile, se riconosciuto, andrà effettuata sulla base di una valutazione concreta e complessiva delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, ovvero considerando l’adeguatezza dei mezzi per vivere del coniuge richiedente e la sua eventuale incapacità di procurarseli per ragioni oggettive.
Inoltre, il giudice è tenuto ad accertare se l'eventuale disparità economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del matrimonio, dipenda da scelte condivise di conduzione della vita familiare in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, considerando sia la durata del matrimonio sia le effettive potenzialità professionali e reddituali al momento della fine del matrimonio. Dunque, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente l'assegno divorzile, o l'impossibilità per lo stesso di procurarseli per ragioni oggettive, il giudice deve tener conto, utilizzando i criteri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, sia della impossibilità del richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente, sia della necessità di compensarlo per il contributo che dimostri di avere dato alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale dell'altro ex coniuge.
Sulla scorta delle suddette argomentazioni, i giudici di Piazza Cavour hanno cassato la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte di merito, affinché quest’ultima reimposti i termini giuridici della vicenda processuale, tenendo presente i principi del più recente orientamento interpretativo dettato in materia.