Se l’intervento chirurgico è necessario e a regola d’arte, c’è responsabilità per la lesione del diritto ad autodeterminarsi, ma il risarcimento del danno alla salute spetta solo dimostrando per presunzioni l’eventuale rifiuto.
Una persona sottoposta a un intervento chirurgico che, prima dell’operazione, non abbia firmato alcun consenso informato può, all’esito della guarigione, chiedere un risarcimento benché non vi siano state responsabilità mediche e tutto sia andato al meglio? Il semplice fatto che al paziente non sia stato sottoposto il modulo “con l’accettazione della cura” può essere una autonoma causa di responsabilità, indipendente quindi dall’errore del chirurgo? La questione è stata oggetto di svariate pronunce da parte della Cassazione.
È chiaro che, quando l’intervento va male, si ha sempre diritto a un risarcimento (morale e patrimoniale) quando ciò dipende da un errore medico: errore che viene giudicato tanto più severamente quanto più l’operazione era semplice e routinaria. Il dubbio è se, al di là di tali ipotesi, spetta il risarcimento per l’operazione senza consenso informato, come autonoma e distinta fonte di responsabilità.
Di recente, la Suprema Corte ha fornito alcune interessanti spiegazioni. Partiamo dunque dalla premessa: che succede se manca il consenso informato? Poniamo che l’intervento chirurgico sia realizzato a regola d’arte e che fosse comunque necessario. Poniamo anche che, tuttavia, il paziente ne esca danneggiato. Va sicuramente riconosciuto il risarcimento per la lesione del diritto ad autodeterminarsi, ossia a scegliere le cure. Ma il danno alla salute può essere risarcito soltanto se l’ammalato dimostra, anche tramite indizi, che, non si sarebbe giammai sottoposto all’operazione se fosse stato informato dal medico, in modo adeguato e con un lessico comprensibile anche ai “non tecnici”, dei possibili effetti pregiudizievoli della cura.
Questo perché – sottolinea la Cassazione – l’assenza del consenso informato compromette di per sé l’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario da parte del paziente. Pertanto, anche dinanzi a un’operazione condotta comunque secondo le leggi dell’arte medica, il danno alla salute risulta configurabile in caso di presunto dissenso: il paziente deve dimostrare almeno che avrebbe vissuto più serenamente il decorso post-operatorio, accettandone le conseguenze, se il medico gli avesse spiegato per bene a ciò che andava incontro.
Da qui si desume che la lesione del diritto al consenso informato è autonomamente risarcibile, indipendentemente dall’esito dell’intervento. Come chiarito dalla giurisprudenza, infatti, il diritto del paziente a ricevere dal medico un’informativa completa ed esaustiva sull’intervento sanitario che si accinge a subire è tutelato dall’ordinamento in caso di omessa o carente informazione. Le tabelle del Tribunale di Milano aiutano nella quantificazione del danno, in relazione ad una serie di parametri di riferimento, quali, ad esempio, la natura dell’intervento (se meramente estetico), la condizione del paziente (se soggetto vulnerabile), la consistenza dell’omissione informativa (se il consenso informato sia stato del tutto omesso oppure fornito in maniera carente), nonché tenendo conto del decorso complessivo dell’operazione (se gli interventi riparatori nel tempo eseguiti per rimediare ai danni arrecati con il primo intervento siano stati molteplici ed invasivi).
In sintesi, è possibile definire la seguente regola: al di là della sussistenza dell’errore medico (che può anche non sussistere), per ottenere il risarcimento danni relativamente all’omessa raccolta del consenso informato in relazione al trattamento cui il soggetto si è sottoposto è necessario aver subito specifici danni e conseguenze pregiudizievoli a causa proprio di tale omissione come lesione del proprio diritto di autodeterminazione: il che significa fornire la prova del fatto che, se correttamente informato, il paziente non si sarebbe sottoposto al trattamento.
In ogni caso, chiarisce la Cassazione, non c’è obbligo per il sanitario di acquisire il consenso informato laddove si tratti di un semplice differimento dell’intervento già programmato.