Quando l’errore del medico riduce le aspettative di vita del malato, laddove si sarebbe potuto allontanare il momento della morte, ci può essere responsabilità penale e risarcimento del danno.
Cosa può fare il paziente contro il medico che, sbagliando la diagnosi, abbia compromesso le sue aspettative di vita? Il problema si pone, il più delle volte, con riferimento ai mali incurabili come il cancro. Laddove l’errata diagnosi abbia ritardato le cure, anche nelle ipotesi di malattia a esito comunque infausto, è comunque dovuto il risarcimento per diagnosi medica in ritardo.
Sul punto si è più volte espressa la Cassazione. Proprio di recente però la Suprema Corte ha negato il risarcimento per un tumore particolarmente aggressivo. Cerchiamo allora di comprendere qual è il ragionamento seguito dalla Corte, al fine di non cadere in facili equivoci.
Indice
- 1Errata diagnosi: responsabilità penale e risarcimento del danno
- 2Omissione diagnosi e malattia terminale: quando c’è il diritto al risarcimento
- 3Responsabilità penale del medico per l’errata diagnosi
- 4Responsabilità del medico per l’errore nell’intervento
- 5Quando il medico non è responsabile per l’errata diagnosi
Errata diagnosi: responsabilità penale e risarcimento del danno
C’è una profonda diversità tra il giudizio civile e penale, specie in tema di responsabilità medica.
Il problema di fondo deriva dallo stabilire quali sarebbero state le conseguenze per il paziente se l’azione illecita del medico non fosse stata posta in essere. Difatti, laddove nessuna incidenza abbia avuto l’errore medico sull’esito della malattia, la condanna del sanitario è improbabile. Si tenga però conto che, a tal fine, non si considera solo il fatto “morte” ma anche la prospettiva di vita più lunga. Ad esempio, sarebbe comunque responsabile un medico che, errando la diagnosi di un male incurabile, non consenta al proprio paziente di accedere alle cure che gli avrebbero potuto prolungare la vita di qualche mese: anche questo è infatti un danno.
Il giudizio civile, rivolto a ottenere il risarcimento, si accontenta di una prova che possa confermare la “probabilità” del danno. Ci si basa sul principio del “più probabile che non”. In questi termini è più facile raggiungere una sentenza di colpevolezza.
Il processo penale è invece più rigoroso per ovvie ragioni: qui è necessario raggiungere, se non la certezza assoluta, un grado di certezza molto prossimo a quest’ultima. Nel penale – si dice – non ci deve essere il ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato. Ecco perché è più difficile, in questo caso, ottenere una condanna dell’imputato. Ma se è vero che al paziente interessa, più che la punizione del colpevole, il risarcimento del danno, è anche vero che tale obiettivo è più “a portata di mano” con il processo civile.
Omissione diagnosi e malattia terminale: quando c’è il diritto al risarcimento
Le norme sulla responsabilità medica impongono al sanitario di risarcire il danno in caso di omissione della diagnosi anche con riferimento a una malattia terminale. Non importa se, anche qualora la diagnosi fosse stata corretta sin dal primo momento, l’esito della malattia sarebbe stato comunque scontato e avrebbe portato al decesso del malato.
L’errore medico infatti finisce per negare al paziente la possibilità di scegliere “cosa fare” nell’ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino alla morte. Peraltro, tale errore impedisce al malato di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato l’esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino al decesso.
La violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali, determinata dal colpevole ritardo diagnostico di una patologia ad esito certamente infausto, costituisce la lesione di un bene di per sé autonomamente risarcibile, senza bisogno di fornire una specifica prova. Il giudice allora condannerà il medico al risarcimento del danno sulla base di una liquidazione equitativa.
Responsabilità penale del medico per l’errata diagnosi
Oltre al risarcimento del danno, potrà scattare anche una condanna penale per omicidio colposo. Sempre la Cassazione ha detto che si può ugualmente condannare il medico laddove si dimostri l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie idonee a determinare un significativo prolungamento della vita residua del paziente. In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione dal reato di omicidio colposo di due medici, la cui condotta aveva determinato il ritardo di sei mesi nella diagnosi e nella terapia di un carcinoma pancreatico, impedendo alla vittima il ricorso alla terapia chirurgica.
Responsabilità del medico per l’errore nell’intervento
In tema di responsabilità medica per omessa/inesatta diagnosi, scatta il diritto al risarcimento del danno in caso di errata esecuzione di un intervento chirurgico praticabile per rallentare l’esito certamente infausto di una malattia, che abbia comportato, per il paziente, la perdita della chance di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi effettivamente vissuto. E ciò perché l’errore medico ha comportato “più probabilmente che non” la perdita della possibilità di una vita più lunga da parte del paziente, statisticamente accertata, in caso di intervento chirurgico corretto oppure di corretta e tempestiva diagnosi.
Quando il medico non è responsabile per l’errata diagnosi
Secondo una recente pronuncia della Cassazione, non si può condannare il medico per omicidio colposo anche se le sue omissioni hanno causato un ritardo di nove mesi nel diagnosticare il tumore, che nel frattempo è passato dal terzo al quarto stadio. E ciò solo quando si tratta di una forma molto aggressiva, oltre che rara, e non risulta possibile stabilire un rapporto di causa-effetto fra la condotta illecita del sanitario e il decesso del paziente con un livello di probabilità prossimo alla certezza. Il tutto benché siano certamente ravvisabili profili di negligenza e imprudenza nella condotta del professionista che comunque danno luogo al risarcimento del danno (per come visto sopra).
Nel caso di specie, una paziente era morta a causa dell’evoluzione di un sarcoma a cellule chiare partito dalla coscia destra. Nel corso del processo si era dimostrato che il ritardo causato dal medico aveva ridotto le chance di sopravvivenza della vittima: il sanitario non solo non aveva invitato la cliente a sottoporsi a una visita specialistica, ma non le aveva prescritto una risonanza magnetica.
Senonché, però, era era emerso che anche se la diagnosi fosse stata tempestiva la probabilità di sopravvivenza a cinque anni non avrebbe superato il 25%. E dunque non è stato possibile formulare il giudizio in termini di alta probabilità logica o credibilità razionale, come non di rado avviene in materia di genesi e sviluppo delle malattie neoplastiche, ove risulta difficile se non impossibile stabilire cosa sarebbe accaduto in mancanza di un determinato fattore eziologico.
Laddove quindi non sia possibile stabilire un nesso di causa-effetto tra il ritardo diagnostico e il decesso, che risulta piuttosto dovuto «all’aggressività intrinseca della neoplasia» fin dall’esordio, il medico non può essere condannato penalmente. E ciò per le dimensioni, la sede profonda e il tipo istologico, con scarsa o nulla risposta alla chemioterapia.