Da La Legge per tutti
Non basta la gravità delle condizioni a desumere il consenso informato del paziente all’operazione.
«Non c’è tempo da perdere: bisogna operare». Quando la situazione clinica è grave e il paziente va subito sottoposto a un intervento chirurgico, è necessario ottenere prima la sua autorizzazione, ossia il cosiddetto consenso informato? L’urgenza può giustificare una deroga alla disciplina generale? Di tanto si è occupata una recente ordinanza della Cassazione
Alla Corte è stato appunto chiesto se il consenso informato è obbligatorio se il paziente è grave.
Come sapranno i più esperti del settore, il consenso informato è obbligatorio tutte le volte in cui il paziente si sottopone a un trattamento sanitario, qualunque esso sia. Così avviene, ad esempio, quando ci si sottopone a un intervento ortodontico, chirurgico, estetico, fisioterapico o anche a una semplice indagine radiologica.
Il consenso informato serve per consentire al malato di comprendere le implicazioni, le conseguenze e le eventuali alternative al trattamento stesso. L’accettazione va chiaramente fornita in condizioni di capacità d’intendere e volere: pertanto, in caso di incoscienza del paziente, a fornire il consenso saranno i suoi familiari.
Il consenso informato deve essere scritto e non verbale. Al massimo, il medico potrà dettagliare oralmente quanto riportato sul modulo. Modulo che deve essere anche semplice, facilmente intellegibile dal paziente non dotato di conoscenze in ambito medico. Non avrebbe del resto alcun senso richiedere la firma su un trattato universitario di medicina.
Prima di stabilire se il consenso informato è obbligatorio quando il paziente è grave c’è un’ultima questione da affrontare: cosa succede se non viene rispettato l’obbligo del consenso informato? Il paziente può rivendicare il diritto al risarcimento del danno, risarcimento che gli spetta a prescindere dalla riuscita dell’intervento (ossia indipendentemente da eventuali errori sanitari). Quindi, anche se il medico svolge la propria attività a regola d’arte, il paziente non informato va risarcito.
Tuttavia, per ottenere l’indennizzo il malato deve provare in un eventuale contenzioso che, se adeguatamente informato sui possibili rischi del trattamento sanitario, non avrebbe fornito il proprio consenso, non si sarebbe cioè sottoposto all’intervento.
Veniamo ora alle situazioni più urgenti, quelle in cui il trattamento sanitario si rende necessario per salvare la vita al malato o evitargli conseguenze peggiori rispetto al trattamento stesso.
Secondo la Cassazione, la gravità delle condizioni del paziente non è certo sufficiente a desumere il consenso informato dell’intervento.
I supremi giudici hanno ricordato come l’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente
Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, dato che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.